Buon 25 Aprile!

Ciao a tutti, come state? 
Questa distanza sta diventando veramente faticosa e ci mancate tanto tutti. Aspettiamo di vedere cosa succederà e se ci saranno indicazioni più precise sul possibile utilizzo degli impianti sportivi e dei campi di atletica. 

Sabato 25 aprile, di nuovo, non potremo vederci al campo. Non potremo partecipare, come facciamo ormai da tantissimi anni, al Trofeo Liberazione. Possiamo però sempre ricordare e festeggiare.

Buon 25 Aprile! 
Un abbraccio da RP

Eleonora 

Facciamo tutto ciò che serve. ma senza ipocrisie, per favore

Da moltissimi anni corro a piedi, non mi reputo una “runner” moderna, ma una di vecchio stampo, una arcana “podista” di strada. Ho corso un po’ dappertutto in questi 50 anni, nel vecchio e nuovo continente. Una volta a Città del Messico, mi sono addirittura persa e ho corso per 2 ore e mezza per ritrovare la strada, a Oaxaca, a San Cristobal tra i vicoli e la foresta. In un posto, in Guatemala, sono passata tra i mitra di una guardia armata. Ho rischiato la vita durante una specie di tempesta di grandine nel Gran Canyon, mi sono avventurata nei sobborghi di Denver, nelle foreste di Fossen, nel cuore della Norvegia e a -15°C sulle montagne innevate di Alpi e Appennini, ma nulla di ciò può essere considerato così insidioso come le periferie e le campagne di Roma e dintorni. Lo stupro è uno dei tanti pericoli a cui ci si espone quotidianamente quando si va a correre o a pedalare per strada, perché qui da noi i parchi, le campagne, i marciapiedi e le strade secondarie, insomma i posti dove non si rischia di venir investiti dalle macchine in un paese in cui piste pedonali e campi sportivi sono rari e spesso chiusi, sono terra di nessuno.
Come me, molte persone, forse anche governate da un bisogno compulsivo e da una necessità di percorrere km a piedi o in bicicletta per stare bene e per gestire ansia, iperattività e fame d’aria, si sono trovate a percorrere km e km di suolo pubblico, nella totale legalità, senza che nessuno mai se ne curasse. Oltre ai podisti e ai fratelli ciclisti sono passati inosservati tutti quegli illeciti che quotidianamente venivano e tuttora vengono perpetrati ai danni del territorio.
Invece negli ultimi tempi sembra che questi luoghi “ameni” siano tornati sotto il controllo delle autorità, con notevole dispiegamento di mezzi, addirittura militari e di alta tecnologia informatica. L’obiettivo è a quanto pare “beccare” quei solitari che hanno “l’ardire” di percorrere quelle strade, “ungendole” di virus. Certo, di questi tempi è grave trasgredire le regole e non attenersi al mantrico e scaramantico “state a casa”. Ma allora perché non sfruttare tutte queste tecnologie informatiche per impedire tante altre malefatte che se non sono la causa, quanto meno hanno contribuito, a questo dramma che ci sta coinvolgendo tutti, vedi in primis l’evasione fiscale che per prima ha privato di risorse la sanità pubblica?
Perché non utilizzare i droni per localizzare le discariche di eternit, materiale tanto pericoloso per la salute, anziché tormentare chi cerca in solitudine di scaricare tensione e stress, anch’esse fortemente nocive al corpo e alla psiche? La corsa è uno sport estremamente faticoso. Chi lo pratica come me da anni, non lo fa per puro divertimento o per gioco, ma per motivi di salute, traendone un profondo e difficilmente sostituibile beneficio. La totale chiusura per questa attività o il confinamento a 200 m da casa (che poi dove è scritta questa norma?!) con il rischio di prendersi anche le botte o gli insulti è un provvedimento altamente lesivo che non trova logica se non quella assurda di punire chi per tanti anni non ha chiesto né tolto nulla alla società e all’ambiente.
Ma voi direte che bisogna stare a casa per dare il buon esempio. E sono d’accordo, non va bene mettersi a correre per strada quando ci sono persone costrette nella propria abitazione, nella malattia, oppure negli ospedali, o tutti quelli che rischiano in prima linea nell’affrontare l’emergenza. Ma allora, tutte le file al supermercato per comprare quantità spropositate di cibo e farina, che basterebbero a un esercito? Si potrebbe dire che il cibo è vita. Ma io dico che anche l’aria aperta è vitale e va considerata tale. Per la cronaca ci sono molte persone che muoiono per malattie dovute all’ansia e alla depressione ed è anche grazie a chi cerca di mantenersi in salute facendo una vita salubre e dinamica senza troppo gravare sulla sanità pubblica che ci siamo ritrovati quei quattro posti liberi in terapia intensiva al momento dell’emergenza, non certo grazie ai fumatori e ai consumatori di alcool, attualmente categorie quasi protette. E poi, se di buon esempio vogliamo parlare, non ci siamo mai fatti scrupolo di riempirci la pancia più del dovuto (le malattie metaboliche dovute alla sovralimentazione sono le più diffuse in occidente) sapendo di milioni di persone che muoiono di fame. Non ci siamo mai posti il problema, nei nostri viaggi in altri continenti, che un nostro banale raffreddore potesse essere fatale in un altro paese e che noi potevamo essere potenziali vettori di quel virus…
Io non credo di stare dalla parte della ragione. Penso di essere una che sbaglia, con tanti limiti e debolezze. Penso però che prima di sputare sentenze dovremmo guardarci dentro, vedere le nostre fragilità, usare il buon senso, prendere sicuramente le dovute precauzioni per evitare di nuocere a qualcuno, usare la mascherina, mantenere le distanze di sicurezza, limitare anche la nostra libertà per quello che serve ma sempre usando il cervello e senza ipocrisie, per favore.

I Bambini continuano a correre

In questi ultimi tempi di emergenza sanitaria abbiamo assistito ad una serie di episodi di insofferenza, sconfinanti a volte nell’intolleranza, nei confronti dei runners (così ora vengono definiti sui giornali, forse per sottolinearne l’estraneità alla tradizione nazionale), dai clacson che suonano minacciosi agli insulti dai balconi, dalle volanti chiamate dai vicini fino addirittura a qualche aggressione fisica. Molti di noi hanno consapevolmente deciso in questi giorni difficili di rinunciare del tutto alla corsa e di restarsene a casa, confidando in un più o meno prossimo ritorno alla normalità. Altri lo hanno fatto senza molta convinzione, con rassegnazione, più che altro per quieto vivere. Qualcuno ha scelto di continuare a correre, in modo limitato e saltuario, cercando di districarsi fra i rarefatti e mutevoli riferimenti normativi e i percorsi accidentati intorno alle proprie abitazioni. Non senza prediligere gli orari e gli spazi meno frequentati, avendo cura di tenersi ben oltre la distanza di sicurezza raccomandata, non soprattutto senza interrogarsi sul senso di quello che stava facendo e sul perché un’attività finalizzata alla promozione del benessere psicofisico fosse improvvisamente diventata per molte persone una fonte di pericolo per la società. Chi è uscito per la sua mezzora di jogging (la corsa è un’altra cosa), sfidando il senso comune dell’imperativo categorico “io resto a casa”, lo ha fatto perché ha pensato di non mettere in alcun modo a rischio l’altrui e la propria salute e di esercitare legittimamente un diritto confermato, con molti e probabilmente troppi limiti, anche dalla normativa dell’emergenza. All’iniziale incertezza e al vago senso di colpa, attenuati solo dalle rare e coraggiose prese di posizione di quegli studiosi, come Silvio Garattini, che per età e autorevolezza potevano permettersi di rifiutare il comodo e assurdo luogo comune del podista-untore, si sono però presto sostituite nuove consapevolezze: che non sarebbe stato un periodo breve, che anzi il distanziamento sociale e l’autosegregazione avrebbero potuto rappresentare il modello prevalente della società a venire. Che i rischi legati alla sedentarietà, all’ansia e alla mancata esposizione alla luce solare si sarebbero rapidamente sovrapposti a quelli rappresentati dal coronavirus, amplificandone gli effetti negativi sulla salute delle persone e sul sistema sanitario.
Noi di Rifondazione podistica affermiamo la necessità di una discussione pubblica che affronti serenamente, senza preconcetti e isterismi, i temi fondamentali del diritto alla salute e alla libertà individuale per i bambini e gli adulti in tempo di pandemia, del dislavore del trasformarci in una comunità identitariamente fondata sul controllo sociale e sulla delazione e, al contrario, delle opportunità di promozione del benessere personale rappresentate dallo sport, praticato in condizioni di sicurezza, proprio in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo. E che aiuti a riflettere sugli errori, sulle derive e sui parossismi attuali prima che i Manzoni, i Camus e i Saramago del futuro siano costretti a ricordarceli.

RP ha donato un frigorifero per farmaci all’ospedale di latina

È con immenso piacere che riceviamo dal Reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale SM Goretti di Latina gli auguri di una Serena Pasqua e i ringraziamenti per la donazione effettuata da Rifondazione Podistica di un frigorifero che viene impiegato per la conservazione di farmaci sperimentali contro l’epidemia da Covid-19 .