Facciamo tutto ciò che serve. ma senza ipocrisie, per favore

Da moltissimi anni corro a piedi, non mi reputo una “runner” moderna, ma una di vecchio stampo, una arcana “podista” di strada. Ho corso un po’ dappertutto in questi 50 anni, nel vecchio e nuovo continente. Una volta a Città del Messico, mi sono addirittura persa e ho corso per 2 ore e mezza per ritrovare la strada, a Oaxaca, a San Cristobal tra i vicoli e la foresta. In un posto, in Guatemala, sono passata tra i mitra di una guardia armata. Ho rischiato la vita durante una specie di tempesta di grandine nel Gran Canyon, mi sono avventurata nei sobborghi di Denver, nelle foreste di Fossen, nel cuore della Norvegia e a -15°C sulle montagne innevate di Alpi e Appennini, ma nulla di ciò può essere considerato così insidioso come le periferie e le campagne di Roma e dintorni. Lo stupro è uno dei tanti pericoli a cui ci si espone quotidianamente quando si va a correre o a pedalare per strada, perché qui da noi i parchi, le campagne, i marciapiedi e le strade secondarie, insomma i posti dove non si rischia di venir investiti dalle macchine in un paese in cui piste pedonali e campi sportivi sono rari e spesso chiusi, sono terra di nessuno.
Come me, molte persone, forse anche governate da un bisogno compulsivo e da una necessità di percorrere km a piedi o in bicicletta per stare bene e per gestire ansia, iperattività e fame d’aria, si sono trovate a percorrere km e km di suolo pubblico, nella totale legalità, senza che nessuno mai se ne curasse. Oltre ai podisti e ai fratelli ciclisti sono passati inosservati tutti quegli illeciti che quotidianamente venivano e tuttora vengono perpetrati ai danni del territorio.
Invece negli ultimi tempi sembra che questi luoghi “ameni” siano tornati sotto il controllo delle autorità, con notevole dispiegamento di mezzi, addirittura militari e di alta tecnologia informatica. L’obiettivo è a quanto pare “beccare” quei solitari che hanno “l’ardire” di percorrere quelle strade, “ungendole” di virus. Certo, di questi tempi è grave trasgredire le regole e non attenersi al mantrico e scaramantico “state a casa”. Ma allora perché non sfruttare tutte queste tecnologie informatiche per impedire tante altre malefatte che se non sono la causa, quanto meno hanno contribuito, a questo dramma che ci sta coinvolgendo tutti, vedi in primis l’evasione fiscale che per prima ha privato di risorse la sanità pubblica?
Perché non utilizzare i droni per localizzare le discariche di eternit, materiale tanto pericoloso per la salute, anziché tormentare chi cerca in solitudine di scaricare tensione e stress, anch’esse fortemente nocive al corpo e alla psiche? La corsa è uno sport estremamente faticoso. Chi lo pratica come me da anni, non lo fa per puro divertimento o per gioco, ma per motivi di salute, traendone un profondo e difficilmente sostituibile beneficio. La totale chiusura per questa attività o il confinamento a 200 m da casa (che poi dove è scritta questa norma?!) con il rischio di prendersi anche le botte o gli insulti è un provvedimento altamente lesivo che non trova logica se non quella assurda di punire chi per tanti anni non ha chiesto né tolto nulla alla società e all’ambiente.
Ma voi direte che bisogna stare a casa per dare il buon esempio. E sono d’accordo, non va bene mettersi a correre per strada quando ci sono persone costrette nella propria abitazione, nella malattia, oppure negli ospedali, o tutti quelli che rischiano in prima linea nell’affrontare l’emergenza. Ma allora, tutte le file al supermercato per comprare quantità spropositate di cibo e farina, che basterebbero a un esercito? Si potrebbe dire che il cibo è vita. Ma io dico che anche l’aria aperta è vitale e va considerata tale. Per la cronaca ci sono molte persone che muoiono per malattie dovute all’ansia e alla depressione ed è anche grazie a chi cerca di mantenersi in salute facendo una vita salubre e dinamica senza troppo gravare sulla sanità pubblica che ci siamo ritrovati quei quattro posti liberi in terapia intensiva al momento dell’emergenza, non certo grazie ai fumatori e ai consumatori di alcool, attualmente categorie quasi protette. E poi, se di buon esempio vogliamo parlare, non ci siamo mai fatti scrupolo di riempirci la pancia più del dovuto (le malattie metaboliche dovute alla sovralimentazione sono le più diffuse in occidente) sapendo di milioni di persone che muoiono di fame. Non ci siamo mai posti il problema, nei nostri viaggi in altri continenti, che un nostro banale raffreddore potesse essere fatale in un altro paese e che noi potevamo essere potenziali vettori di quel virus…
Io non credo di stare dalla parte della ragione. Penso di essere una che sbaglia, con tanti limiti e debolezze. Penso però che prima di sputare sentenze dovremmo guardarci dentro, vedere le nostre fragilità, usare il buon senso, prendere sicuramente le dovute precauzioni per evitare di nuocere a qualcuno, usare la mascherina, mantenere le distanze di sicurezza, limitare anche la nostra libertà per quello che serve ma sempre usando il cervello e senza ipocrisie, per favore.

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