Police On My Back

“Daje Daniel, corri come se dovessi scappa’ dalle guardie!” Così urlano da un braccio del carcere per sostenere il loro compagno a non mollare in quegli interminabili 12 km di corsa. Sono 6 giri da 2 chilometri all’interno delle mura della casa circondariale. Per un bel tratto, Daniel e io abbiamo corso insieme. L’ho sentito faticare di brutto e, sentendolo esprimersi in modo a me incomprensibile, gli ho chiesto in che lingua le stesse dicendo le parolacce… mi ha risposto che stava pregando per arrivare fino in fondo, per poter chiudere quella gara di 12 km mai fatta in vita sua. Pioggia vento e freddo in questo maggio che sembra dicembre, in questa città-carcere di Rebibbia ed è sempre un’emozione correre la Vivicittà in compagnia di questi uomini e della loro grandissima umanità. Finiti dentro chissà per quale motivo. Giusto? Sbagliato? in braghe corte e scarpe da corsa siamo tutti uguali e chi è senza peccato scagli la prima pietra. Aldilà dei giudizi, dei dubbi e delle supposizioni rimangono i sorrisi, le battute e l’allegria per una giornata che a loro non capita certo tutti i giorni, che per qualche ora li fa volare liberi dalle mura. E neanche a noi, agli “esterni” capita tutti i giorni confrontarci con tutto questo. A un certo punto, rimproverata dal compagno Johnny Dalton, ho anche abbandonato Daniel alla sua fatica, per inseguire quella medaglia alla gara di Rebibbia, che mi è tanto cara e che aspetto ogni anno. Daje Daniel, presto, fuori di qui, continuerai a correre non certo come un ladro, non per scappare da qualcuno o qualcosa, ma per la gioia di sentirti Libero.

http://www.tg2.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9aa27797-f25e-4be3-84a2-a6d31dd2a6c2-tg2.html?fbclid=IwAR1FE1LEIfKcNyNLuykwu6K4Cz0T90eniY0OeHvH6N-jcD7fkG2tRZIaUBY#p=0

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